Slowdive, Live @ Estragon Club (Bologna, 02/02/2024)

Racconto e recensione del live degli Slowdive all'Estragon Club di Bologna, 2 febbraio 2024.

Slowdive, Live @ Estragon Club (Bologna, 02/02/2024)

Pale Blue Eyes
L’apertura, alle 20 in punto, è affidata ai Pale Blue Eyes, band del Devonshire che, già in occasione dell’ultimo Ypsigrock, aveva tirato fuori una Weltanschauung shoegaze sensazionale. E anche stavolta l’adorabile terzetto non fa eccezione, divertendosi a dilatare suoni e mettendo insieme uno spettacolo che è compendio sublime di dreampop, psichedelia, indie rock, nu-gaze e britpop. “Chelsea”, tratta dall’album Motionless / Chelsea, ammanta il pubblico in un abbraccio malinconico, cullandolo in uno sfolgorio di chitarre stratificate.

Slowdive
Gli Slowdive salgono sul palco sorridenti e aprono le danze con la cover di “Deep Blue Day” di Brian Eno. Poi, freschi dell’ultimo album in studio “everything is alive”, giocano la carta “shanty” ma, nonostante gli sfarfallii celestiali alla chitarra, siamo ancora al benvenuto dello chef. È infatti con “Star Roving” e “Catch The Breeze” che lo zefiro shoegaze si incanala tra i presenti, la cui andatura inizia a farsi melliflua e dinoccolata, i sorrisi sereni, gli sguardi pennellati di gioia immacolata. E da lì niente è più lo stesso: tutto si fa sognante e la sensazione è quella di galleggiare a mezz’aria, tra guizzi assolati di chitarra, stratificazioni sonore esasperate, feedback e distorsioni, laddove musica e coscienza tinteggiano paesaggi rossi e magenta.

Dal pubblico si leva l’urlo “i love shoegaze”. Come non essere d’accordo. E poi, la storia dei Slowdive parla da sé: formatisi nel 1989 a Reading, nell’area sud-est del Regno Unito, hanno costruito memorabili architetture sonore che guardano sia alle vibrazioni eteree del dream-pop che a quelle più smaccatamente shoegaze.

La  parte più interessante del concerto viene anticipata da “Kisses”, primo singolo dell’ultimo album, cui seguono tre hit senza tempo: “Alison”, “When the Sun Hits” e “40 Days”, cantate a squarciagola tra abbracci e incontenibili deflagrazioni emotive. Nell’encore trovano spazio la splendida “Sugar For The Pill”, “Dagger” e il brano che da anni chiude tutti i concerti di Goswell e soci, ossia la cover di “Golden Hair” di Syd Barrett, seguita però da una non altrettanto indimenticabile cover acustica di un altro brano di Brian Eno, cantato da Neil Halstead. Sebbene infatti la scaletta possa destare qualche perplessità (peccato, ad esempio, per l’assenza di “Slomo”), la storica band di Reading è stata, ancora una volta, in grado di immergerci in un sogno collettivo a occhi aperti. E per questo non li ringrazieremo mai abbastanza.